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piero lerda
 
28 aprile 1962 / 12 maggio 1962

Pagine di diario
Opere dal 1948 al 1962

A cura di Antonio Carena

 

 
 



 

Galleria L'Immagine
Torino (To)

 
Disegni tempere incisioni opere dal 1948 al 1962

La presentazione di questi disegni e quadri di Pietro Lerda può iniziare da due parti diverse, ed io sono molto incerto sulla via da scegliere. Mi è sempre piaciuto affermare che davanti ai quadri non vi è nulla da spiegare e che l'unico messaggio recato da un quadro è il quadro stesso; la mia posizione è aliena cioè dal dare valore ai contenuti letterari e simbolici. Mi rendo però conto che davanti a queste opere il visitatore, anche quello più attento ai valori formali, si chiederà subito che cosa rappresentano e non si metterà il cuore in pace e non comincerà veramente a guardare se non dopo avere ottenuto una risposta.

La maggior parte dei disegni esposti rappresentano degli ambienti chiusi, stanze con le pareti di vetro, palcoscenici di teatri, in cui talvolta sì scorgono, ai margini, degli « esseri » viventi. Dico esseri e non uomini, perché la loro natura è ambigua come quella degli abitatori degli incubi di Bosch. I titoli dei disegni ci offrono alcuni suggerimenti : « Piccolo interno-flash », « Uomo in trappola », « Uomini che si arrampicano su lastre di cristallo », « Grande schermo ».
Lerda, parlando, mi ha dato qualche altra indicazione: « Gli schermi e gli interni-flash mi appaiono come gli equivalenti delle strutture-luce dei teloni del cinema, degli schermi televisivi, dei lampi al magnesio, delle sciabolate dei fari sulle autostrade di notte; come gli interni degli studios cinematografici, dei sets televisivi, dei teatri di
posa, dei laboratori scientifici. È un paesaggio che ci circonda ed entro cui viviamo la nostra vita giornaliera. Come tematica mi affascina da tempo, perché trovo in queste atmosfere tese, fredde, allucinanti, irreali, un mondo di origine letteraria, già intravisto, intuito e respirato».

Un mondo di origine letteraria: Bernanos e il problema del male (che fa argomento della sua tesi di laurea), Sartre, Camus (lo scrittore certamente più amato), Kafka (si pensa naturalmente al Processo ed alla Metamorfosi davanti a certe composizioni di Lerda), ed infine gli scrittori di teatro con cui ha avuto più dimestichezza in questi ultimi anni: Beckett e Ionesco.

Ho insistito su questi riferimenti, perché Lerda è soprattutto un intellettuale. La sua è una pittura di testa, lucida e volontaria, intimamente legata alla sua attività di studioso. Ogni suo progresso è frutto di una rigorosa, implacabile autocritica. Sin da quando, ancora ragazzo, cominciò a dipingere e a disegnare, la sua strada fu quella dell'assiduo, sistematico sperimentare. Il suo sforzo fu, ed è ancora, quello di individuare ed isolare un proprio mondo figurativo autentico, inconfondibile.

le opere esposte

Chi vorrà, dopo avere osservato le opere esposte alle pareti, fermarsi un poco a guardare quelle più vecchie, raccolte nelle cartelle, potrà rendersi conto del significato e della direzione delle ricerche, più grafiche che coloristiche, di Lerda, teso ad impadronirsi, oltre che di una tecnica sicura, del ricco vocabolario del moderno linguaggio figurativo (ma studiò e copiò anche a lungo i Manieristi italiani del Cinquecento). Quando l'ebbe tra le mani non lo impiegò, come pure avrebbe potuto, per ingannare gli ingenui facendo sfoggio delle proprie capacità, ma lo mise da parte e cominciò a cercare dentro di sé quello che veramente gli premeva dire.

In un periodo di pittura scoperta, in cui piace poter rifare sulla tela la strada percorsa dal pittore, Lerda ama nascondere la propria tecnica, complessa e quasi segreta, ed offrirne i risultati, lucidi e freddi, precisi come quelli di un buon prodotto artigianale. Il suo amore per l'ordine si rivela nella composizione dell'opera, sempre esattamente bilanciata. I tagli sono crudeli, determinati. La luce, di un bianco alluminio, è quella che rischiara le sale operatorie. Si direbbe che è ossessionato dalla luce, come un prigioniero che negli incubi notturni sia ancora abbagliato dalle lampade degli interrogatori. Quello della luce è un problema che interessa oggi molti pittori. Non una luce che illumina e che rivela, come quella di Caravaggio, ma una luce che emana dal quadro, che acceca e distrugge i dettagli, che rischia di distruggere il quadro e di ridurlo ad una superficie bianca sulla quale si intravvede appena qualche segno. È anche questa una rappresentazione della solitudine e della incomunicabilità dell'uomo. Gli uomini possono talvolta, quando cessa quella terribile luce, vedersi e parlarsi, ma solo attraverso una lastra di vetro. Talvolta si « arrampicano su lastre di cristallo » (è il titolo di un disegno), ma non trovano egualmente una via di uscita, perché sono definitivamente « in trappola»

 

Potrebbe venire naturale a questo punto il parlare di pittura metafìsica, o di surrealismo. E fino ad un certo punto entrambe le definizioni potrebbero servire. I palcoscenici di Lerda sono vuoti come le piazze metafisiche di De Chìrico; le sue prospettive sono ambigue e brulicanti di piccoli esseri come quelle dei quadri di Matta. Ma ogni definizione ha valore solo se riferita ad un preciso periodo storico e ad una ben definita posizione intellettuale. La pittura di Lerda viene dopo l'epoca metafisica e surreale. Quello che lo inquieta non sono i sogni, ma è la ragione. Egli è pittore di una razionalità spietata, volta a mettere in luce gli aspetti assurdi del vivere umano (non per nulla il suo autore preferito è Camus, lo scrittore del Malinteso e del Mito di Sisifo).

le opere esposte

Ora ho il timore che quello che ho scritto possa dare l'impressione che la pittura di Lerda non sia che la trascrizione o, peggio, l'illustrazione di una certa letteratura. Egli stesso me ne ha messo in guardia (e basta osservare le opere per convincersi del contrario): «Se dovessi indicare un autore, una situazione esatta o anche un solo momento facilmente identificabile, dovrei confessare di non saperlo individuare. Quella che mi propongo è una rappresentazione pittorica, per cui i richiami letterari o sociali sono altrettanti allettamenti da dominare mediante una scelta mentale rigorosa e discriminante ed un tuffo senza esitazioni sulla carta bianca che incomincia a riempirsi di segni, di scansioni, di ritmi, di colori. In altre parole, cerco di dimenticare tutto e di immedesimarmi col mezzo scelto mediante un discorso che diviene pittura e non letteratura. Tutto questo, ben inteso, senza che debba rinunziare ai fantasmi letterari amati, che ho assorbito come fatto culturale, ma che sul piano della creazione mi sono estranei, perché subiti, non inventati ».

Si tratta di un problema di difficile soluzione per chi come Lerda non voglia rinunciare a nessun aspetto del problema, né tecnico, né figurativo, né umano. La rappresentazione della situazione umana con mezzi esclusivamente figurativi (cioè una pittura esistenziale) è la meta che si sono proposti molti pittori italiani di questo dopoguerra. Quello che distingue Lerda, e che da un particolare accento alla sua opera, è la diffidenza per quello che un tempo si definiva il temperamento, come pure per i valori tradizionalmente pittorici. Quel voler fare della pittura un prodotto soprattutto della cultura, dell'intelligenza e dello spirito critico-sperimentale apparenta Lerda ad alcuni pittori dell'ultimissima generazione, che guardano all'espressionismo astratto ed alla action painting (cioè ai fatti più importanti della pittura degli ultimi anni della guerra e dei primi del dopoguerra) come ad esperienze importanti, ma ormai chiuse e prive di possibilità di sviluppo.

Renzo Guasco

l'immagine galleria d'arte

 
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