| Piero  Lerda possedeva molteplici talenti e non solo artistici. Aggiornato sugli  scenari culturali contemporanei e divulgatore di  inediti orizzonti internazionali, prima come collaboratore della  RAI_TV poi come direttore della Biblioteca dell’USIS (United States Information  Service  del consolato americano a  Torino) ed infine come docente. Era   animato da un profondo sapere umanistico, da un’intelligenza creativa e  da una sensibilità che lo poneva spesso in anticipo sui tempi circa la  riflessione artistica e letteraria. Sapeva   muoversi  con leggerezza sul  terreno dell’analisi sociale di cui padroneggiava codici e linguaggi espressivi  che gli permettevano di leggere, con acume e perspicacia, la filigrana delle  avanguardie artistiche europee e americane.
 A  cavallo degli anni sessanta, un quarto di secolo prima dell’affermarsi del  “medialismo”, si interroga sul ruolo del “fruitore-spettatore” di fronte al  nuovo teatro delle figurazioni tecnologiche dell’immagine. Da artista risponde  con esiti pittorici che muovono subito l’interesse della critica d’arte più  avvertita e competente. Nelle opere di quegli anni porta avanti le sue  riflessioni sull’azione profondamente modificatrice della percezione ottica sui  processi cognitivi personali e sociali, a causa dei nuovi mezzi di riproduzione  della visione, basti pensare al cinema sempre più proiettato in vecchi teatri  obsoleti, lo schermo televisivo con il suo alienante spettacolo casalingo  continuo, le riproduzioni radiografiche che indagano il corpo e lo spazio  invisibile ad occhio nudo e poi tutto l’immateriale cosmo dei nuovi media, che  condiziona inesorabilmente i comportamenti individuali in ragione  della sua distribuzione capillare sul  territorio.
 
 L’irrompere sulla scena sociale delle nuove tecnologie obbliga a  ripensare  nuovi modelli comunicativi e  alla loro fattiva rappresentazione. Nei suoi quadri Lerda pone domande  inquietanti sulla natura di ciò che oggi definiamo arte e quale posto occupa  nel mondo attuale. La ricerca, che ha un forte nucleo etico, prende l’avvio dai  lavori monocromi a china della metà degli anni ‘50, dove abbandona, via via,  ogni tentazione figurale, sperimentata precedentemente, per approdare ad una  sintesi astratta di segno, forma, colore e contenuti.
 
 |  | Nel 1962 propone una  serie di quadri alla Galleria l’Immagine di Torino  diretta dal pittore Antonio Carena e presentata dal critico Renzo  Guasco, ove i concetti di “interno-flash” e di “personaggio-schermo” proposti  nei titoli, ci parlano di un tempo sospeso, in uno spazio vuoto esaltato dai  contrasti di chiaro e scuro e da trasparenze lattiginose: sono i teatri di posa  televisivi e cinematografici, luoghi angusti, chiusi, ambienti artificiosi e  artificiali che già sono diventati il topos naturale di nuove forme di  comunicazione artistica basata sullo spaesamento, sull’ambiguità e sul  disfacimento dell’immagine-messaggio. In questi interni, i lampi al magnesio  dei flashes dei  fotoreporter, le  sciabolate luminose dei riflettori negli studi tv , esaltano ,  colorano e trasformano le ombre delle cose e  delle persone in presenze inquietanti, scarnificate, incorporee.
 Propone , dunque, nei suoi  lavori, sineddoche ambigue : lo schermo cinematografico e la sequenza dei  fotogrammi che  esalta, al centro della  scena, la geometria vuota del palcoscenico, mentre sullo sfondo si animano  fantasmi di luce che prendono la sostanza dissolta di personaggi e paesaggi.  Storie verosimili e attendibili che diventano mito, affabulazioni fantastiche  trasformate in realtà. E poi lo schermo- monitor televisivo: la nuova forma simbolica  del mondo, lo specchio opaco che si accende di luminescenze azzurrine per  prendere la consistenza del reale e del  sogno contemporaneamente.Con le loro   menzogne ci ricordano che la natura umana non puo’ tollerare troppo il  reale e l’arte, in ogni sua forma, le viene in soccorso inventando  continuamente nuovi universi e nuove soluzioni al caos entropico in crescita  continua. Lerda avvertendo il pericolo che ci sovrasta adotta con gli anni un  atteggiamento riservato e appartato. Rifiuta ogni vacuità mondana ed esibizione  pubblica. Manterrà, però, viva la sua ricerca estetica, la riflessione  interiore e il confronto intellettuale. Tratteggerà, nelle opere successive, un  mondo frammentato in particole colorate, vi   cercherà quell’ordine compositivo e quell’armonia che deriva dalla vera  poesia.
 
 Giovanni  Cordero
 Direttore  Arte Contemporanea
 Soprintendenza  storico artistica 
Ministero  dei beni e attività culturali
 
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